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SPEED | 28.02.2018 | Michael Kalivoda

Per scalare le montagne più alte del mondo in stile speed non sono sufficienti condizioni fisiche eccellenti ed esperienza in alta quota, ma serve anche una volontà di ferro. Ciononostante, a quelle quote capitano sempre situazioni imprevedibili e sfiancanti sia per il corpo che per la mente. Come quella che la nostra cordata ha vissuto sul Picco Ibn Sina. “Non potevamo farci nulla” ha detto Beni Böhm dopo la spedizione sciistica sul Picco Ibn Sina.

I portali e le agenzie specializzati in viaggi in montagna descrivono il Picco Ibn Sina, 7.134 metri, che si trova in Kirgistan, come “la cima da settemila metri perfetta per i principianti”. Non doveva quindi essere una grande sfida per la nostra cordata da quattro, composta da alpinisti con grande esperienza di alta quota: Benedikt Böhm, Schorsch Nickaes, Michael Hasenknopf e modestamente io, Michael Kalivoda. Questo è quello che pensavamo!

Agosto, quattro uomini con sci all’aeroporto di Monaco di Baviera, con 30°!

Quando a metà agosto 2017, sci da scialpinismo in spalla, siamo partiti alla volta del Pamir per scalare il Picco Ibn Sina in stile speed, siamo stati per tutto il viaggio oggetto di occhiate critiche e incredule. Non ci siamo meravigliati, in Europa si era in piena estate, con temperature intorno ai 30°, e arrivati in Kirgistan abbiamo trovato una situazione simile, quindi eravamo quelli strambi, proprio come a casa. Da Bischkek, capitale del Kirgistans, siamo andati direttamente a Osch per trascorrere la prima notte nell’entroterra dell’Asia Centrale. Un po‘ stanchi ma prede della curiosità, la mattina dopo siamo saliti su un bus vecchissimo per raggiungere il campo base a 3.600 metri. Il viaggio per la valle Atschik-Tasch è stato più che avventuroso.

Pensione completa in alta quota

Per l’acclimamento avevamo a disposizione al massimo dieci giorni, compresa la giornata in vetta. Un periodo molto breve! Non potevamo fare altrimenti, perché la scalata di questa cima da settemila metri dopo la prima metà di agosto diventa troppo difficoltosa a causa del meteo imprevedibile. Per questo abbiamo trascorso solo due giorni a 3.600 metri, per salire poi fino al campo 1 a 4. 400 metri, dotato di tende, cucina e impianti sanitari. La pensione completa comprendeva deliziose pietanze della cucina locale, tutte preparate sul momento: un servizio perfetto!

Dal campo 1 abbiamo iniziato ad abituarci pian piano all’alta quota. Per proseguire l’acclimatamento abbiamo scalato il Picco Ioxhna (5.096 metri) a piedi, poi il Picco Rasdelnaya (6.148 metri) con gli sci e una parte del Picco Ibn Sina a 5.688 metri. Quotidianamente controllavamo le previsioni meteo per il giorno in cui avevamo pianificato di raggiungere la vetta, il 26 agosto, ma queste peggioravano sempre di più. Siamo stati costretti ad agire, anticipando il raggiungimento della vetta di due giorni.

La vetta era quindi prevista per il 24 agosto. Le previsioni meteo promettevano condizioni accettabili per la notte e per la mattina, tuttavia con forte vento. Da mezzogiorno erano attese abbondanti nevicate, che rendevano impossibile la scalata.

Il percorso per la vetta

• Dal campo 1 abbiamo scelto la salita sul ripido ghiacciaio Lenin, attraverso il ghiacciaio laterale, con poche spaccature e terreno morenico, con gli sci attaccati allo zaino.
• Dopo il ghiacciaio, sci e ramponi fino al campo 2 a 5.300 metri.
• Al di sopra del campo 2 attraverso un ripido canalone su un pendio con pendenza fino a 40 gradi, per 300 metri di dislivello fino al campo 3, con sci e ramponi.
• Attraverso il campo 4 a 6.400 metri sulla lunga cresta fino alla cima del Picco Ibn Sina a 7.134 metri con gli sci.
• Discesa con gli sci sullo stesso percorso della salita.

 

Dal campo 3 si è in balia delle tempeste in alta quota, il motivo più frequente di interruzione della scalata del Picco Ibn Sina, che recentemente sono state fatali per due guide alpine coreane. Noi eravamo ottimisti, e abbiamo fatto i bagagli per tentare di raggiungere la vetta in stile speed.

Picco Ibn Sina in stile speed – il giorno della vetta

24 agosto 2017: la sveglia è suonata intorno a mezzanotte, e verso l’una abbiamo iniziato la lunga salita attraverso il ghiacciaio Lenin sul percorso normale. Proseguivamo veloci: fino al campo 2, a 5.300 metri, il vento soffiava a -20°Celsius ed era ancora sopportabile, ma appena superato il campo 3 a 6.100 metri siamo stati sorpresi, come già era successo negli ultimi giorni dell’acclimatamento, dal forte vento del nord-est. Visto che eravamo avanti sulla tabella di marcia, poco dopo l’alba, verso le 7:00, ci siamo diretti al campo 4. Le folate di vento diventavano sempre più forti. Abbiamo lanciato un’occhiata alla discesa, che pianificavamo lungo il percorso della salita. La cresta non era praticabile, e sembrava impossibile discendere sugli sci, quindi abbiamo deciso che dopo aver raggiunto la vetta saremmo discesi direttamente attraverso la parete nord, in linea diretta dalla cima. Dopo un rapido controllo siamo andati avanti velocemente, e di lì a poco abbiamo raggiunto il campo 4 a quasi 6.500 metri. La tempesta diventava sempre più forte, creandoci molte difficoltà, e il nostro passo rallentava sensibilmente, tanto che non era più pensabile raggiungere velocemente la vetta. Dopo una discussione breve ma con tono di voce molto alto, perché con il vento non si sentiva nulla, a malincuore abbiamo deciso di tornare indietro. La tempesta soffiava fortissima lateralmente, facendoci perdere continuamente l‘equilibrio, tanto che andare avanti sarebbe stato impossibile e rischioso. Tolte le pelli, attacco portato nel modus discesa e scatto della leva degli scarponi, e via in discesa!

In breve il cielo si è chiuso, e abbiamo dovuto farci strada fra brandelli di nuvole, poco prima che iniziasse la prima, leggera nevicata, a confermarci che avevamo preso la decisione giusta. Con queste condizioni anche la discesa per la parete nord non era più fattibile. Avevamo fatto bene a tornare!

Di ritorno al campo base

Nell‘attrezzatissimo campo base abbiamo riscaldato le nostre gambe stanche e dopo la prima zuppa bollente abbiamo considerato con soddisfazione la nostra spedizione, nonostante non siamo riusciti a conquistare la vetta. La cima del Picco Ibn Sina è raggiungibile in un giorno da campo 1, a patto che l’acclimatamento sia stato fatto bene, cosa che non ci era stata possibile. Inoltre, il meteo avverso giocava a nostro sfavore. “Non potevamo farci nulla” ha detto Beni Böhm. Torneremo di certo, con almeno tre settimane a disposizione e non a stagione così inoltrata. Riteniamo che il periodo che va da fine giungo a inizio agosto sia ideale per scalare il Picco Ibn Sina in sitle speed, in un’unica tirata

Dettagli della spedizione

Destinazione: Picco Ibn Sina (7.134 metri) – la seconda cima più alta del Pamir, Asia Centrale, una dei cinque picchi del premio russo Leopardo delle nevi, assegnato ad alpinisti che hanno conquistato tutte e cinque le cime da settemila metri e oltre del territorio dell’ex Unione Sovietica. Gli altri picchi sono Picco Ismoil Somino (7.495 metri), Picco Korschenewskaja (7105 metri), Dschengisch Tschokusu (7439 metri) e Khan Tengri (7010 metri).

 

Nazione: Kirgistan

 

Capitale: Bischkek

 

Percorso: Percorso usuale

 

Partecipanti: Benedikt Böhm, Schorsch Nickaes, Michael Hasenknopf e Michael Kalivoda

Scalata del Picco Ibn Sina in stile speed

Scalata del Picco Ibn Sina in stile speed

Scalata del Picco Ibn Sina in stile speed